Pomponio Facco era un uomo di natura eccezionale non solo per l'ingegno e l'ardita intrapredenza ma anche per la particolarità di essere quasi completamente glabro: uomo imberbe in un mondo che preferiva il maschio irsuto, poiché il pelo abbondante era considerato sinonimo di virilità e prestanza, specie sotto le lenzuola. A nulla era valsa l'applicazione di numerosi rimedi naturali che promettevano di stimolare la crescita del follicolo (decotto di muschio e fango, lozione di rognone di cinghiale, impacco di gionte acida, pomata di muco genitale). Facco, non rassegnatosi alla luccicante liscezza della sua pelle, si mise all'opera e dopo innumerevoli tentativi assemblò l'eccezionale strumento che denominò con orgoglio il Pomponio Tricologico. Trattavasi di una speciale pinza in ghisa – del peso approssimativo di 5 kilogrammi – capace d'estrarre i peli da zone in cui se ne trovavano in abbondanza per reimpiantarli, grazie a uno speciale meccanismo a molle, laddove ce n'era penuria, creando così l'agognata peluria. Il primo tentativo Pomponio lo fece asportando peli da sue stesse parti del corpo meno esposte, per così dire, alla luce del sole, per reimpiantarsele in viso in modo da ottenere dei vigorosi baffi a manubrio. Purtroppo il nostro eroe scarseggiava di materia prima anche laggiù e capì presto che poteva dotarsi al massimo di una rada peluria simile a muffa. Ebbe allora l'avvenieristica intuizione di utilizzare un donatore. C'è da dire che Pomponio era un uomo solitario e schivo e lì per li non trovò nessuno disposto ad aiutarlo, nessun umano per lo meno; rivolse quindi la sua attenzione al signor Eustachio, il gatto di casa, che divenne così l'offerente – seppure recalcitrante e involontario – del primo e fino ad ora unico, trapianto tricologico interspecie.
Grazie al Pomponio Tricologico, Facco riuscì a estirpare i baffi del signor Eustacchio e a reipiantarli in brevissimo tempo proprio sotto il suo naso. L'operazione sembrava riuscita e Pomponio si diceva soddisfatto del risultato. Nei suoi appunti racconta solo di un lieve prurito, dovuto senza dubbio alla poca abitudine della sua cute ad accogliere bulbi piliferi. Malauguratamente, dopo alcuni giorni, sopraggiunse una strana infezione, sembra causata proprio dal temerario autointervento: il viso di Pomponio si fece rosso, quindi divenne di un giallo assai insano. Dopo una settimana l'inventore era completamente blu e cosparso di piccole, purulenti croste verdi. Spirò la notte del 10 novembre dell'anno del Signore 1891. Si dice, ma ciò non è accertabile in alcun modo, che le sue ultime parole siano state: miauuuuu...
La sua invenzione invece, primo coraggioso passo del genere umano nel territorio sconosciuto della tricologia, gli sopravvisse ed è ancora oggi monito e sprone per tutti quei calvi che non si vogliono rassegnare. Il signor Eustachio visse per altri cinque anni, morì schiacciato dalle ruote d'un carro.
La sua invenzione invece, primo coraggioso passo del genere umano nel territorio sconosciuto della tricologia, gli sopravvisse ed è ancora oggi monito e sprone per tutti quei calvi che non si vogliono rassegnare. Il signor Eustachio visse per altri cinque anni, morì schiacciato dalle ruote d'un carro.